Voce: Francesca Biagi, Ufficio Turistico Comune Sasso Marconi Il campanile appartiene alla Chiesa e la torre dell’orologio al Comune. Così si presenta, su uno sfondo dal sapore guareschiano, il Santuario della Beata Vergine del Sasso, che si trova nella piazza principale del paese (Piazza dei Martiri della Liberazione). La chiesa venne fatta costruire tra il 1802 e il 1831 per ospitare l’immagine della Beata Vergine col bambino che precedentemente si trovava all’interno della grotta scavata nella Rupe. Nel 1945, un terribile bombardamento distrusse sia l’edificio, ad eccezione dei due campanili, sia l’immagine sacra quattrocentesca. La ricostruzione dell’attuale chiesa terminò nel 1951, anno in cui il pittore Giovanni Franchi fece dono al santuario di un dipinto ad olio su legno riproducente l’antica effigie andata persa durante la guerra. All’interno, di particolare interesse, si segnala una tela settecentesca della “Madonna in trono con bambini, angeli e santi”, di probabile scuola francese, e un bellissimo dipinto della scuola dei Carracci che rappresenta la Madonna del Carmine con i Santi Pietro, Paolo, Giovanni Evangelista e Francesco.
Voce: Francesca Biagi, Ufficio Turistico Comune Sasso Marconi Già popolata in età romana, da cui il probabile toponimo derivante da Attinius, durante il medioevo l’area appartenne alla famosa famiglia dei Canossa, che la concessero in vassallaggio ai Signori “da Tignano” i quali, dopo la morte della contessa Matilde (1115), tentarono di rendersi autonomi. Nel 1366, nell’elenco delle chiese bolognesi, a Tignano risultavano esistenti ben tre parrocchie dedicate rispettivamente a San Martino, Santa Maria, San Nicolò. Nel XVI secolo vennero unificate in un’unica chiesa parrocchiale. L’attuale edificio, di San Martino e San Nicolò, venne ristrutturato negli anni 1883-84. Curiosamente la chiesa non ha campanile ma una cella campanaria posta su un colle vicino e raggiungibile salendo una scala di novanta gradini. Cinquecento metri ad est, su una collina, sorge l’oratorio di Santa Maria, forse da identificare con una delle scomparse chiese parrocchiali.
Voce: Francesca Biagi, Ufficio Turistico Comune Sasso Marconi Nell’elenco Nonantolano del 1366 veniva nominata, in località Montechiaro, una chiesa dedicata a Santa Giustina, martire durante l’impero di Diocleziano (IV secolo). La sua facciata bianca, gialla e rosa, nel 1865, ha fatto da sfondo all'assassinio, avvenuto in circostanze misteriose, del Parroco Don Arcangelo Marconi, zio dell’illustre scienziato. Ma questo non è l’unico evento che lega queste colline a Marconi e alla sua famiglia: nel 1427 infatti il cardinale Ludovico Alemanni, legato pontificio, istituì la Contea di Montechiaro e nominò conte Giovanni Giacomo Grifoni (il cui nome è legato a Villa Griffone, poco distante) con analogo diritto per la discendenza maschile.
Voce: Francesca Biagi, Ufficio Turistico Comune Sasso Marconi Esistono ritrovamenti archeologici che testimoniano la presenza dell’uomo nel territorio di Lagune da oltre 5.000 anni. Le documentazioni del X-XI secolo menzionano un castello che doveva trovarsi non lontano dalla chiesa attuale, abitato probabilmente dai nobili Aigoni, da cui deriva il nome della frazione. La chiesa, nella sua forma attuale, risale alla fine del XVIII secolo, inizio XIX. All’interno ci sono tre altari, quello centrale è consacrato a San Nicolò, i due laterali alla Madonna del Rosario e a San Biagio. Nei pressi dell’edificio vi sono alcune iniezioni di acqua salata e affioramenti bituminosi dove due secoli fa fu rinvenuta una gigantesca conchiglia fossile, larga 1,60 m e alta 82 cm che però, maneggiata senza le necessarie precauzioni, si sbriciolò e andò distrutta. Non lontano dalla chiesa sorge il borghetto cinquecentesco di Cò di Villa dove si trova il piccolo oratorio di San Rocco, eretto alla fine del XVII secolo dalla famiglia Mini, probabilmente come voto per la scampata peste del 1630.
Voce: Francesca Biagi, Ufficio Turistico Comune Sasso Marconi “Chiunque, sotto qualunque titolo, succederà nel fondo soggetto, sia tenuto ogni settimana a curare la celebrazione in perpetuo di nove messe in questo oratorio, per l’anima di Claudio Achillini, degli antenati, degli amici e dei nemici, sotto pena di eterna dannazione, se mancherà a quest’obbligo e sotto altre pene contenute nel rogito stilato da Romanico Albano in data 1638. Questo marmo attesti in eterno, al posto di documenti, di notaio e di testimoni”. Questa frase, visibile ancora oggi all'interno dell'oratorio, fu fatta incidere nel marmo dal proprietario di Villa Achillini che si trova di fronte. Il famoso poeta (V. Villa Achillini) fece costruire l’oratorio di Sant’Apollonia come voto per essere sopravvissuto “nell’anno della peste, della fame e della guerra, 1630”. L’edificio, in pieno centro a Sasso Marconi, ha un portale in arenaria del Sasso finemente scolpito e al centro dell’architrave sono visibili due volatili, stemma della famiglia Achillini. L’interno custodisce nell’abside la statua in gesso di Sant’Apollonia, incoronata da un angelo.
Voce: Francesca Biagi, Ufficio Turistico Comune Sasso Marconi La chiesa di Sant’Ansano è tra le più antiche del territorio bolognese. La sua prima attestazione risale al 1056 ma si suppone che la pieve originale fosse anteriore al 1000. Durante il medioevo fu direttamente dipendente da Bologna e, intorno al 1300, faceva capo ad un trentina di chiese, finchè nel ‘600 subentrò Pianoro. Tra il 1850 e il 1860 venne ristrutturata nell’attuale forma grazie alla manodopera gratuita della popolazione. Nei tronchi dei cipressi di fronte alla chiesa si possono ancora vedere le incisioni per le pose di esplosivi lasciate dai tedeschi in ritirata durante la Seconda Guerra Mondiale. All'interno della chiesa è visibile l’altare maggiore, la cui pala, raffigurante S.Ansano con San Giovanni Battista e la Madonna col bambino, è di scuola bolognese del XVII secolo. La zona collinare circostante, ricca di burroni e calanchi, è caratterizzata dal cosiddetto “dente”, uno spuntone di arenaria alto 30 metri.
Fin dal Medioevo, sotto la cima della rocca di Badolo, sorgeva un’antichissima chiesa chiamata Santa Maria del Castello, purtroppo andata distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale. Ancora più in alto, sulla vetta sorgeva un vero e proprio castello, di proprietà prima del Vescovo di Bologna e poi del Comune stesso. Nel 1306 fu però occupato dai temibili conti di Panico, ghibellini che, dopo essere stati cacciati dalla città di Bologna, si rifugiarono nei loro numerosi castelli di montagna, tra cui quello di Badolo. I Panico resistettero alle armi bolognesi fino al 1363, anno in cui dovettero cedere alle truppe che avevano il compito di sopprimere definitivamente la presenza del nemico. A quel punto dovettero arrendersi, ma ebbero dagli assedianti l’onore delle armi. Rimane di quel castello ancora una antichissima scalinata, scavata nella pietra, che oggi permette di raggiungere la chiesa di Badolo dedicata a San Michele Arcangelo e costruita verso la fine del XIV secolo. L’edificio, anch’esso distrutto durante la guerra, fu poi ricostruito nel 1976 inglobando nelle sue murature alcuni resti della precedente costruzione, ancora visibili. La facciata della chiesa conserva ancora i segni delle schegge dei proiettili che la devastarono. Presso Rocca di Badolo, oltre a rinvenimenti databili al 2000 a.C., nel luglio 1881 fu ritrovata una buca contenente 41 asce risalenti all’età del Bronzo (1900-900 a.C.).
Voce: Francesca Biagi, Ufficio Turistico Comune Sasso Marconi Il territorio di Rasiglio era suddiviso tra due parrocchie: Rasiglio e Monte Polo. La comunità di Rasiglio è citata per la prima volta in un decreto del senato di Bologna del 1233, mentre nei pressi del monte su cui sorgeva la Chiesa di Santa Maria dei Monte Polo si ergeva un castello che fu conquistato dai visconti e in seguito distrutto. Nel 1398, Guido da Monte Polo, al comando di 150 uomini, divenne capitano nell’esercito della lega sorta tra Bolognesi, Fiorentini, Gonzaga ed Estensi, nella guerra contro i Visconti di Milano. Nel XVIII secolo, la Chiesa di Santa Maria di Monte Polo fu distrutta da una frana e le due parrocchie si fusero. I materiali di recupero furono utilizzati per consolidare l’edificio della chiesa di S. Andrea di Rasiglio che così assunse l’attuale doppia denominazione di Chiesa di Santa Maria e Sant’Andrea. L’interno in stile dorico termina con un presbiterio il cui catino è sostenuto da quattro colonne. Tre sono gli altari, in quello maggiore si può vedere una pala con Sant’Andrea, Santa Lucia e San Rocco.